Un giorno una mia amica fotografa mi disse che per fotografare bene un bambino bisogna abbassarsi, o sdraiarsi, alla “sua altezza”, altrimenti si corre il rischio di “schiacciarlo” e di alterarne la figura.
Questa mi sembra un’ottima metafora per iniziare la nostra riflessione.
Proviamo a guardare questa esperienza di crescita DALLA PARTE DEL BAMBINO/A, dalla sua altezza, dal suo punto di vista.
Non parleremo di cosa debba o non debba fare il genitore, ma di cosa sente , prova , desidera comunicare il bambino attraverso il suo essere IN RELAZIONE con la mamma e il papà.
Già, perché tra mamma e bambino, ciò che si attiva è , in primissimo luogo, una RELAZIONE e di relazione, di legame , di scambio di EMOZIONI, parleremo.
Non si tratta di quanto tempo, o di che cosa dare al bambino, ma di che come ci poniamo con nostro figlio,che spazio occupa la relazione con lui nell’economia del nostro quotidiano,cosa desideriamo trasmettere di noi, fargli conoscere , in che modo creargli le condizioni migliori e l’ambiente più idoneo per permettergli di conoscere se stesso e costruire la propria personalità.
Non stiamo parlando di salute o di malattia fisica, ma permettere lo strutturarsi di una personalità ricca o povera, di un bambino capace di esprimere se stesso e le proprie differenze dal mondo adulto, ovvero in grado di raggiungere un buon livello di autonomia, oppure di un bambino inibito, attore di un personaggio scelto per lui dai genitori, ben adattato, esecutore e non creatore di un copione già scritto per lui ovvero dipendente e tendente all’omologazione.
L’essere genitori, quindi, non si può risolvere nell’accudimento fisico, non basta dare cibo, cure, istruzione, hobbies, giochi e regali e, forse, neppure il fattore tempo in sé, può garantire un sano e completo sviluppo psichico di un bambino .
L’essere genitori è, prima di tutto, essere a disposizione e disponibili alle richieste.
Di qualunque natura e forma, poco importa se per noi incomprensibili, essere genitori significa esserci.
La psiche è lenta, segue un suo personale sviluppo, deve mediare tra principio del piacere e principio di realtà, deve elaborare la frustrazione ,l’io deve trovare appagamenti alternativi(immaginazione ..pensiero..gioco)dove esprimere l’aggressività e tutti quei sentimenti ad essa collegati.
Cercare di entrare in empatia con il figlio fin dai primissimi istanti di vita, permette al figlio di acquisire quella fiducia di base nei confronti dell’ambiente-mamma , che gli permette di conoscere, accettare ed integrare, tutte quelle parti di sé che lo spaventano e di costruire, così , il proprio mondo interno .
La maternità è innata , ma essere un tipo di mamma e non un altro dipende da quel tipo di bambino:ciascuna mamma sarà una mamma diversa in relazione al proprio figlio
Come si diventa mamma lo si apprende ed è il bambino stesso a “insegnarlo” alla mamma, con il suo modo di essere figlio con il suo modo di esprimere le proprie richieste.
La domanda implicita della madre dovrebbe suonare pressappoco cosi:” Aiutami a essere come tu mi vuoi ed io ti aiuterò ad essere come tu ti vuoi .”
Innanzitutto cominciamo con il dire che il bambino, ancor prima di nascere, prende forma nelle mente dei genitori e si inserisce all’interno di una rete di relazioni affettive già collaudate e attive o forse non del tutto risolte (genitori interni?)
C’è il clima affettivo che esiste tra mamma e papà (bambino voluto? Cercato? Desiderato da lungo tempo? Inaspettato? Temuto? Riparatore di conflitti tra i coniugi?), c’è la mamma con tutte le sue paure, (sarò all’altezza? Farò/non farò come la mia mamma, avrò del tempo per me? Riuscirò a far fronte ai miei doveri lavorativi e di mamma?) con le sue fantasie (sarà sano? Sarò capace di crescerlo? Mangerà e dormirà o piangerà tutto il giorno? Avrò il latte? Mi vorrà bene?) e le aspettative verso se stessa e verso il bimbo (come diventerà? Sarà come il figlio della mia amica che fuma, beve…farà come la figlia della vicina che, in piena adolescenza, è diventata aggressiva ed irriconoscibile?)
Per nove mesi, nonostante le rassicurazioni dei medici sullo stato effettivo di salute della mamma e del bambino, la mente della madre si popola di dubbi, di incertezze di paure e di speranze.
La mente della mamma si modifica e si riempie di fantasie attorno a questa nuova vita: il bambino immaginario è già una presenza che aiuta la coppia a trasformarsi in genitori.
Il bambino diventa una presenza , all’interno della coppia, ne influenza le dinamiche, molto prima di nascere e di tutte queste emozioni ed esperienze ne conoscono l’importanza i colleghi quando si trovano a lavorare con le famiglie.
Poi arriva il momento del parto e ogni fantasia diventa realtà:il bambino nasce, nella neo mamma l’orgoglio e lo stupore attenuano dolore e fatica e la grande avventura ha inizio.
Tralascio ogni considerazione sull’importanza sociale dell’evento: ogni vita inizia da una donna, ogni vita ha iniziato la propria avventura sentendosi totalmente dipendente da una donna, ogni uomo divenuto adulto conserva quell’esperienza nella profondità dell’animo e davanti alla propria madre, si sente o si è sentito, anche in età avanzata, almeno per qualche istante, quel piccolo bambino fragile e indifeso che un tempo fu assolutamente e totalmente dipendente da lei.
Da quell’esperienza, da quella relazione, dal senso di gratitudine e di riconoscenza che il figlio matura negli anni, oppure, al contrario, dalla rabbia e dall’odio che gli rimangono dentro crescendo,verranno condizionati gran parte delle relazioni che avvierà in età adulta.
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