Alla domanda che spesso mi viene rivolta su: “cosa dire ai bambini, come poter evitare restino traumatizzati da ciò che sta accadendo”, mi permetto di condividere alcune riflessioni. I bambini vivono la realtà, soprattutto se piccoli, quasi esclusivamente attraverso le emozioni delle persone che si prendono cura di loro
Quindi diventa importante cercare di capire quello che stiamo provando, aiutare noi stessi (adulti) a prendere contatto con il nostro mondo emozionale, accogliere i nostri stati d’animo e non permettere alla nostra emotività di scaricarsi nelle relazioni. Riconoscere quello che stiamo provando e dare un nome ai nostri stati d’animo diventa utile per mantenere inalterati quei rituali nei gesti, nei modi e nelle espressioni che offrono sicurezza e stabilità nello sviluppo della vita affettiva del piccolo.
La paura può rendere i genitori più insofferenti.
Lo stress del gestire spazi ristretti in più persone, equilibrare esigenze lavorative con le richieste affettive di attenzioni e cure dei piccoli, la concentrazione nel gestire una call ed un capriccio (il bimbo annoiato richiede più attenzioni e tenerlo impegnato non sempre è possibile), può rendere i genitori o spesso il genitore, più nervoso o insofferente e spingerlo a reagire in modo irascibile o scostante. Il bambino si spaventa quando non capisce, per cui piange, urla, richiede maggiori attenzioni e nella famiglia si aggiunge stress allo stress. Ogni emozione (paura, rabbia, insofferenza ,rancore, disinteresse, noia…) che l’adulto “scarica” sul minore senza metterlo nella condizione di capire da dove prende origine, (e soprattutto che non è diretta a lui) può alimentare nel piccolo fantasie auto colpevolizzanti (il bambino pensa di essere la causa del disagio del genitore) che lo possono rendere più irrequieto o demotivato e chiuso in se stesso. Cercare di far emergere le emozioni che si stanno vivendo, dare voce ai disagi, esprimere la sofferenza, diventa un primo passo per superare le difficoltà relazionali familiari originate da una stretta e lunga vicinanza emotiva prima che fisica. ”Non sono arrabbiata con te, scusa, ti ho risposto male perché sono stanca”… oppure… ”capisco il tuo desiderio di vedere i nonni, gli amici, di uscire a giocare… lo desidero tanto anche io, capisco che tu sia arrabbiato per questo, è normale, accettare dei limiti e dei divieti non piace a nessuno, anche a me mancano gli amici, ma in questo momento possiamo giocare di più insieme… possiamo leggere più favole, divertirci in cucina, imparare nuove canzoncine… etc”.
Nei primi anni di vita il bambino inizia a conoscere se stesso ed il mondo che lo circonda attraverso i nostri stati d’animo: osservando la nostra gioia di stare con lui, acquisisce serenità e sicurezza in se stesso; attraverso la sollecitudine nel rispondere alle sue esigenze recupera fiducia nell’ambiente che lo circonda e piano piano impara a staccarsi dal mondo reale e a provare piacere nel ritagliarsi brevi o lunghi spazi in compagnia di se stesso e del proprio mondo immaginario oltre che a concentrarsi nel gioco. In questo momento di vicinanza fisica, potremmo cercare di alimentare anche una vicinanza emotiva non sempre scontata. Se poi questo lavoro non terminasse nel periodo del coronavirus, avremmo vinto due battaglie: una contro la malattia ed una contro una serie di disagi che dall’infanzia ci portiamo all’età adulta e sono la causa di molteplici malattie. I bambini piccoli ci “sentono” di “pancia”, osservano la mimica dei nostri volti, si sintonizzano sulla dolcezza dei suoni che emettiamo attraverso le parole oppure si spaventano dalla durezza o dal volume di parole incomprensibili nel significato, ma minacciose nell’espressione. I bambini ci imitano, imitano i modi che vedono utilizzati dagli adulti, sia quando i genitori si rivolgono uno con l’altro, sia quando il genitore si rivolge a loro. Ecco perché diventa importante, nella comunicazione con i bimbi piccoli, cercare di avere padronanza del nostro mondo emozionale: ascoltare ,capire, accogliere e decodificare le nostre emozioni per poi “tradurle” nella comunicazione con comportamenti , toni, parole ed azioni coerenti che non perdano di calma, pazienza, dolcezza e coerenza tra ciò che il bambino vede e ciò che l’adulto spiega.
Parlare delle paure, spiegare i cambiamenti.
Come ci accorgiamo che un bambino è a disagio, che ha difficoltà ad adattarsi ai nuovi ritmi, che ha una paura quando ancora non riesce a spiegarcela? Come si fa accettare loro l’impossibilità di uscire? Quali parole possiamo usare per far capire il motivo che li tiene distanti dagli amici, il perché non possono più godere della presenza e delle coccole dei loro nonni che fino a qualche giorno prima si occupavano di loro quotidianamente ? Come si fa arrivare loro il pericolo di una malattia sconosciuta agli adulti stessi, senza il rischio di scaricare nelle loro menti in evoluzione un eccesso di paura priva di strumenti per sconfiggerla? Per i bambini piccoli, potremmo utilizzare meno spiegazioni fornite dalla nostra razionalità e recuperare il linguaggio metaforico delle fiabe, raccontare gli eventi che accadono attorno a noi con metafore e renderli protagonisti di un’esperienza unica, di una “favola” dove loro stessi siano coinvolti nel racconto e che possa aiutarli a capire meglio se stessi, la Vita, i Valori e i Significati dell’Esistenza . Una favola che scriveranno loro giorno per giorno, di cui ancora non possono scrivere il finale, ma che certamente sarà, come tutti i finali delle fiabe a lieto fine. La realtà va spiegata a piccoli passi, nel qui ed ora, giorno per giorno e declinata all’età del bambino
Raccontiamo sempre la verità: Usiamo metafore e racconti per spiegare la Vita, ma sempre coerenti con la realtà: “C’era una volta un Paese sicuro… che oggi non c’è più”… Come tutte le fiabe che si rispettino, l’inizio del racconto segna una rottura con il passato e con le sicurezze precedenti: la morte, la carestia, l’allontanamento , la rottura degli equilibrio in atto segna la rottura di una tranquillità. Il dover rinunciare ad abitudini che davano sicurezza, per abbracciare la sfida di un nuovo viaggio privo di certezze ,che si percorre passo dopo passo, concentrandosi sul momento: questo è l’inizio di ogni fiaba. E’ proprio l’incontro con la paura e con l’ignoto, la perdita di ogni sicurezza che ci apre verso il cambiamento e verso una crescita personale e collettiva. ”Oggi non possiamo uscire, oggi troviamo il modo di non sentire il bisogno di farlo”.
La vita è vivere il nuovo, non rimpiangere ciò che abbiamo perduto.
Potremmo anche scegliere la favola preferita dal nostro bambino e riproporgliela adattandola alla situazione attuale, in modo che il bambino si possa identificare nel racconto. “In questo paese tutti circolavano tranquilli… fino al giorno in cui una strega cattiva (un volatile dalle ali nere…un mostro venuto da lontano…) invidiosa della tranquillità e dell’Amore che circolava tra quei popoli, decise di liberare migliaia di piccoli mostri che dovevano distruggere il pianeta”… Questo, o qualcosa di simile per far capire loro che la vita è carica di imprevisti, che molto sfugge al controllo ,ma che questo è solo un passaggio verso un nuovo equilibrio, un nuovo modo di essere un paese sicuro, più evoluto e più consapevole, l’inizio di un viaggio che per ciascuno sarà unico e personale, ma per tutti di cambiamento profondo
Diamo strumenti positivi in cui sperare, ricordiamogli sempre che quello che sta vivendo è un momento di passaggio ,non una situazione di stabilità. Come Biancaneve nel bosco, come Cappuccetto con il lupo, come le difficoltà che Harry Potter ha dovuto superare (per essere più moderni) ma come in tutte la favole e racconti, lo scontro con il “drago”, ovvero con la difficoltà apparentemente mortale è inevitabile. Ma come in tutte le favole l’eroe vince sempre, quindi mandiamo il messaggio che c’è sempre un lieto fine, che gli eventi più dolorosi possono essere superati perché c’è un potenziale in noi ,una ricchezza, una forza trasformativa della nostra Psiche capace di risolvere anche le situazioni peggiori (un principe interiore, una parte magica trasformativa, un cacciatore). L’eroe è dentro di noi, forse sconosciuto a noi stessi, ma pronto ad aiutarci quando necessario, sopito finché la Favola della Vita non chiami ad agire.
Impariamo ad osservare i bambini attorno a noi, ascoltiamo i loro silenzi oltre alle loro parole, pre-occupiamoci dei loro cambi di umore, interessiamoci ai loro giochi, facciamoci spiegare e lasciamoci prendere per mano dalla loro immaginazione, seguiamoli nei loro mondi fatti di magia, onnipotenza, paure e disperazione. Usiamo questo tempo per fermarci e sederci accanto a loro. Aiutiamoli a trovare un modo per raccontare ciò che sentono e vedono, stimoliamoli ad esprimere attraverso il gioco o il disegno le loro paure, mettendo loro a disposizione con la nostra presenza consapevole ,fiduciosa e adulta uno spazio protetto e rassicurante di ascolto e partecipazione. Essere genitori è anche questo: fornire uno spazio emotivo sicuro e rassicurante, dove i figli possano sentirsi accettati e liberi di esprimersi senza sentirsi ignorati, giudicati o svalutati. Noi siamo e saremo sempre il loro porto sicuro: offriamo loro il modo di recuperare in se stessi gli approvvigionamenti necessari per essere navi capaci di affrontare le peggiori tempeste degli oceani della Vita. Fermiamoci e ascoltiamoci emotivamente. Utili i racconti, le favole o parole che attraverso le metafore spieghino come le paure esistano, anche per gli adulti e come le situazioni possano cambiare improvvisamente, rendendo insicuro ciò che era rassicurante fino a poco tempo prima. Gli Orchi e le Streghe esistono ancora nella realtà ,hanno cambiato sembianze, ma come nelle favole, continuano a seminare morte e distruzione sotto forma di virus, guerre e catastrofi. Ma questo non li spaventerà se li aiuteremo ad accettare la Vita per quello che è, con le sue contraddizioni, se li spingeremo a diventare morbidi, adattabili e fiduciosi verso un Destino che non può essere in mano loro. Come in una favola, ogni giorno la Vita regala qualcosa di imprevisto e quasi mai quello che avevamo messo in conto di ricevere .Il modo che sceglieremo di utilizzare per accogliere o rifiutare l’imprevisto, farà la differenza sullo sviluppo delle opportunità che ci verranno offerte. Giorno per giorno, scriveremo il libro della nostra esistenza, e , scoprendoci ogni volta diversi da come avevamo immaginato di essere, impareremo a conoscere noi stessi, e gli Altri attorno a noi.
Con i bambini non possiamo fingere, loro non ci ascoltano solo attraverso la voce, ma attraverso il cuore : utilizziamo il loro linguaggio, giochiamo con loro, capiamo il loro mondo emotivo, facciamoci spiegare il perché dei loro gusti nei giochi o delle loro scelte, facciamoci vedere curiosi e interessati al loro mondo.
Alla fine di questo periodo il virus potrà essere stato solo portatore di morte oppure anche di vita e nuove consapevolezze , avrà lasciato dietro di sè non solo lutti ma relazioni nuove, legami più veri e profondi , famiglie più unite e un’umanità più responsabile. Oppure no.
Dipenderà da noi e dai significati profondi che andremo a cercare in questa battaglia.