Gentile Dottoressa, sono Lucia, ho 46 anni, venti anni di matrimonio e due bellissimi figli di 17 e 14 anni. Da qualche tempo mio marito era distratto e poco presente. Sempre fuori per cene o impegni di lavoro, spesso impegnato con amici per qualche gara sportiva (va in bici e gioca a calcetto), ho iniziato a dubitare ci fosse una storia nella sua vita. Nervoso ed elusivo, evitava di rispondere alle domande dirette e continuava a rassicurarmi con fare distratto e poco convinto, finché, una sera, durante uno scontro verbale nel quale gli rimproveravo la scarsa partecipazione in famiglia, mi ha confessato un tradimento, una storia oramai finita, ha dichiarato. Al momento, poiché giurava piangendo di amarmi e mi diceva che era stato solo un momento di debolezza e che era profondamente pentito e mi supplicava di non lasciarlo, l’ho perdonato. Sono passati mesi, lui è molto dolce e premuroso, ma io sono confusa, non mi sento più attratta da lui ed ho cominciato a dubitare del mio amore per lui. Mi sento in colpa, ma anche legittimata ad essere arrabbiata. Non capisco più cosa provo e come comportarmi…
Cara Lucia, il tradimento è sempre una ferita che va curata con molta pazienza e con le “medicine” adeguate. Innanzi tutto vorrei farla riflettere sul tipo di tradimento, un gesto che suo marito ha ammesso subito, uno “sbaglio” che le ha confessato in lacrime, pentito e consapevole della gravità e della sofferenza che le ha provocato. Ma non solo, nel tempo ha cercato di “risarcirla” con affetto e premure, rendendo la sua presenza in famiglia migliore, partecipe ed attenta, cosa che prima Le mancava. In più non perde occasione per cercare di alimentare il sentimento di amore che prova per lei ed in cui crede. Ma non finisce qui: stiamo parlando di un legame, il vostro, forte e duraturo, un matrimonio che resiste da vent’anni, che si è costruito nel tempo e rafforzato con attimi insieme ed esperienze che uno tsunami, per quanto violento, non deve distruggere. Ma veniamo a Lei, mi sembra di capire che una parte del suo cuore sia rimasta chiusa, bloccata, incapace di andare avanti e ferma sul passato, sul sentimento di rancore e rabbia che quel gesto ha creato in lei. Allora proviamo a ragionare insieme: si tradisce sempre in coppia. Con questo non voglio giustificare l’atto di avere rapporti sessuali con altri quando si è sposati, ma voglio solo sostenere che il “tradimento fisico” è solo uno dei tanti modi per tradire un coniuge. Se interrompo il dialogo con il coniuge e mi scelgo un’amica alla quale confidare tutti i miei stati d’animo, nascondendogli una parte dei miei sentimenti, o paure, o dubbi, gli nascondo una parte di me e “lo tradisco”. Se lascio che il mio lavoro assorba tutto il mio tempo, anche quello che dovrei dedicare al coniuge nei momenti di relax, gli tolgo tempo ed attenzione, “lo tradisco”, se lascio che i figli assorbano tutte le mie attenzioni e premure e tolgo tenerezze e sensibilità alle esigenze del partner, “lo tradisco”, se inizio ad usare il silenzio per manifestare rabbia ed ostilità oppure mi riempio le giornate di mille impegni per manifestare rancore o delusione, anziché avere la pazienza, la voglia o il coraggio di esprimere con dolcezza ed affetto i miei bisogni o gli atteggiamenti che mi fanno soffrire, lo inganno e lo “tradisco”. Ora, come vede, senza voler giustificare la scelta di trovare un’altra donna dalla quale farsi consolare in un momento di difficoltà coniugale, possiamo vedere che molte volte il tradimento diventa un modo (sbagliato ed ingiusto nei confronti del partner) per trovare risposte ad un disagio che il coniuge ci fa vivere oppure un modo, forse estremo per attirare sul proprio malessere l’attenzione del partner. Diventa l’ultimo ed estremo tentativo di mettere il coniuge di fronte alle proprie responsabilità: “mi sono sentito solo, con te era impossibile dialogare, avevo paura ad esprimere i miei disagi, etc…” e a questo punto l’Altro non può eludere l’argomento, non può far finta di non sapere ma deve fermarsi a riflettere: abbiamo un problema di coppia e dobbiamo affrontarlo. Alle volte può accadere che sia proprio un dolore come il vostro, il senso di colpa di aver fatto qualcosa di sbagliato, la paura di perdere e rompere un legame importante o di veder scappare un partner molto amato, capaci di riavvicinare i coniugi e di rinnovare la relazione per far riposizionare la coppia su di un livello più evoluto di legame e più profondo di comunicazione. Le crisi non vengono per caso, il disagio, le emozioni non ascoltate, le esigenze represse ci spingono a cambiare vita, a rinnovarci, a crescere e se per arrivare ad un livello più evoluto di esistenza siamo costretti a guardarci dentro, a metterci in discussione, ad attraversare un momento di difficoltà o di dolore, se è necessario ribaltare il nostro modo di vivere, ben venga! Le crisi di coppia servono a questo, a mettere alla prova i coniugi affinchè trovino una soluzione ad un disagio, affinchè si rinnovino e siano in grado di accogliere il cambiamento in atto. Ma il perdono, cara Lucia, quello è un sentimento al quale può accedere solo lei, con i suoi tempi e con le sue capacità. Sta a Lei, e solo a Lei, accettare la Vita come qualcosa di imperfetto ed accettare, nel marito (è in ognuno di noi), una parte di incognita e di Mistero, che appartiene solo a lui, che non potrà mai controllare totalmente, che potrà appagarla o ferirla, perché così è l’Uomo, con i suoi lati generosi e solleciti e le sue Ombre interiori. Non si imponga nulla, la capacità di per-donare, ovvero le voglia di investire ancora su suo marito e la gioia di donare ancora il suo amore e le sua attenzioni a lui, nonché di fidarsi di lui e con-cedersi a lui, arriverà con il tempo, quando avrà accettato la possibilità di stare in un matrimonio meno rigido ed idealizzato, meno formale ed apparente, bensì più autentico e più umano, più vero e più forte, duraturo e resistente non perché evita le difficoltà del Vivere, ma perché è stato in grado di elaborale e superarle.
Dott.ssa Stefania Fioruzzi
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